Tutto quello che…

…sarebbe potuto essere e non è stato. Potrebbe essere e non sarà.
Questo è quello che, seduto sulla sabbia, il mare mi fa venire in mente ogni volta che torno giù a casa e lo contemplo.
Una distesa infinita di opportunità e trappole. E di incertezze. Che posso malinconicamente permettermi di sognare ma non di rincorrere.

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La legge di Nereo Rocco

Ho avuto il piacere e l’onore di essere capitano e allenatore della squadra del mio collegio universitario. In primavera partecipavamo ad un sentitissimo torneo tra le varie residenze studentesche di Milano. In squadra avevo i miei migliori amici, avremo fatto centinaia di allenamenti insieme, intavolato decine di litigi furiosi per preservare i valori su cui volevamo che il nostro gruppo si fondasse, insomma…abbiamo dato l’anima per quella squadra che, per alcuni di noi, rappresenta il ricordo più bello del periodo accademico.

Ho lasciato il collegio lo scorso luglio e ho preso casa. L’ex inquilino era un mio compagno di squadra. Un tempo eravamo grandi amici, eppure sono ormai 7 mesi che litighiamo ferocemente. Nereo Rocco aveva ragione: “in campo come nella vita”. E da uno che giocava sporco badando solo a falciare gli avversari dovevo aspettarmelo. A maggior ragione dopo aver trovato, incredulo, la sua divisa appallottolata e dimenticata in fondo a un lurido ripostiglio.

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Minimi termini

La verità è che, col tempo, ho ridotto inesorabilmente i momenti dedicati alla riflessione e all’introspezione. Serve farsi qualche domanda in più in questa vita dove contano solo le risposte.

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Post Fata Resurgo

Quanti anni sono passati, quante cose sono cambiate.
Vado a rileggere un po’ chi ero…e torno a scrivere!

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Decisioni

Non è facile decidere, e nemmeno prendersi la responsabilità di farlo.

Sono convinto che c’è molta gente che lo fa per mestiere.

In campo prendo non meno di sessanta decisioni a partita, e questo mi aiuta anche fuori dal terreno di gioco: l’ arbitraggio mi ha abituato a decidere.

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Roulette

C’è la possibilità di andare in Erasmus e voglio giocarmela.

Svezia, Corea, Brasile ed Inghilterra sono le mete che ho scelto.

Non deciderò io se partire e dove andare, saranno le graduatorie dei candidati a farlo.

Resterei a Milano se non dovessi farcela a rientrare tra i vincitori del bando di mobilità.

E se non dovessi partire per l’estero, punterò a proseguire il mio percorso arbitrale.

 

Se non mi fossi trasferito a Milano non avrei avuto nemmeno la possibilità di poter vivere una di tutte queste possibili vite.

Moralmente ho già vinto.

 

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Gap

Non sono il tipo da smancerie di inizio anno solare, però qualche giorno fa ho pensato al Capodanno del 2010.

Non sapevo che percorso accademico avrei scelto, non sapevo quale sport avrei davvero voluto praticare, non sapevo per quanto tempo sarebbe durata con Vittoria anche dopo il liceo, non sapevo se l’università doveva essere anche la chance per andare via, nè se eventualmente sarei stato davvero pronto ad allontanarmi da tutto e tutti.

Quel giorno non pensavo all’anno appena concluso come solitamente si fa, ma mi immaginavo proiettato di uno o due anni nel futuro, senza riuscire a vederci granchè.

In che situazione mi sarei trovato a Capodanno di uno o due anni successivi?

Forse ho trovato la mia dimensione scegliendo proprio di esasperare la mia condizione pregressa: tanti interessi e tanti impegni che in questo nuovo contesto mi hanno portato tanti nuovi amici, “allargando” la mia vita.

L’università l’ho scelta (o meglio, mi sono lasciato scegliere, accettando la chiamata per evitare futuri rimpianti) e sono andato a vivere 800km più a nord.

Ho deciso di essere un arbitro effettivo di calcio finchè la passione non si sarà trasformata in stress.

Vittoria è ancora la mia ragazza. Ed io sono sostanzialmente sempre lo stesso, se non consideriamo il fatto che indosso meno raramente le camicie, possiedo il mio primo paio di occhiali da sole e ho comprato una giacca ed un paio di cravatte.

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Dentro o fuori

Inaspettatamente tornerò in campo domani, a quasi un mese dalla mia ultima partita.
Finiti i campionati, credevo di poter già riporre le scarpe con i tacchetti in deposito.
E invece, ieri è arrivata la telefonata che ha stravolto i miei piani per il weekend.
Finale di ritorno dei playout di Seconda Categoria.
Che, per i non competenti, significa:
“secondo e decisivo round dello spareggio per non retrocedere”.
Ma se le due squadre giocheranno per evitare l’umiliante retrocessione,
io mi troverò lì con loro a lottare con le unghie per un’insperata promozione.
Salto di categoria che potrebbe arrivare per me proprio domani,
vista l’annunciata presenza sugli spalti dei dirigenti della mia sezione arbitrale.
Insomma, ancora una volta un treno che mi passerà davanti e si fermerà.
Toccherà a me riuscire a salirci prima che riparta.
Anche perchè questo è un treno che passa solo ogni sei mesi.

Sento molto l’importanza di questa partita.
La posta in palio è alta, in novanta minuti mi gioco una stagione di immani sacrifici
causati dai tanti spostamenti effettuati per andare ad arbitrare senza un mezzo proprio.
Mi sono allenato poco e male.
Proverò a compensare con la testa eventuali cedimenti delle gambe.

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Spettacolo

Ultima giornata del campionato di 2^Categoria.
90° minuto, sostituzione.
Il capitano della squadra di casa lascia il posto,
con il consenso mio e degli ospiti, al fratello disabile
e gli infila la fascia di capitano al braccio.
Forse sarebbe vietato dal regolamento
far scendere in campo un disabile, ma chi se ne frega.
Applausi scroscianti da parte di tutti i presenti.
Essendo cieco oltre ad avere altri vistosi problemi
all’apparato locomotore, il fratello gli tiene le mani da bordo campo.
La palla gli si avvicina piano, muove istintivamente la gamba: la tocca.
Tripudio sugli spalti ed in campo.
Emetto il triplice fischio finale, più forte del solito: il vincitore è lui.

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Il dono

Ho ereditato la terra che aveva mio padre, ovvero le sue parole.

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